giovedì 30 dicembre 2010

Zigurradio

Della radio l'usignol
stamattina ha preso il vol 
al suo libero cielo ha voluto ritornar
Una passeretta lo chiamò
gli disse "ci-ci-ci" 
all'amore non puoi dir di no 
e l'uccellin fuggì...

Le sue radio a valvola, quelle con l'occhio magico e l'impiallacciatura in radica, Veraldo le aveva impilate a ziggurat, un sacrario piramidale che ogni sera gli illuminava le geografie del mondo (Poznan, Hong Kong, Parigi, La Havana, Tokyo, Milano 2, Londra, Roma 1, Honolulu...) e gli portava in cucina voci di donne maliarde e incantatrici.

Che bei fiori carnosi 
son le donne dell'Avana:
hanno il sangue torrido
come l'Equador. 
Fiori voluttuosi
come coca boliviana... 
Chi di noi s'inebria 
si ripete ogn'or: 
Creola,
dalla bruna aureola,
per pietà sorridimi
che l'amor m'assal...

Mica tutte funzionavano le radio, ma le accendeva tutte insieme, sulla stessa frequenza, a sentire un canto unico con toni differenti.

Femmena,
tu si na malafemmena…
chist’uocchie ‘e fatto chiagnere...
lacreme e ‘nfamità.
Femmena,
si tu peggio ‘e na vipera,
m’e ‘ntussecata l'anema,
nun pozzo cchiù campà.

“Se l'aradio poi non va micca è ben bella lo stesso, che è sempre un bel mobile, illuminato e vivo,  che solo a guardarlo ti fa insognare!”.

Vipera, vipera
sul braccio di colei
c'oggi distrugge tutti i sogni miei 
sembravi un simbolo
l'atroce simbolo
della sua malvagità.

E Veraldo sulle onde medie s'immaginava il mondo di fuori,  cantando i ritornelli che le modiste modulavano a labbra chiuse, pedalando sulle Bianchi, con le ultime creazioni di seta e di chiffon involte sul manubrio.

Ella, nel salotto profumato
ricco di cuscini di seta,
porge il labbro tumido al peccato,
mentre la bambina, indiscreta,
dischiude quel nido
pieno d'odor di Coty…
Torna piccina mia,
torna dal tuo papà..
egli ti aspetta sempre con ansietà.
Fra le sue braccia, amore, egli ti stringerà...
la ninna nanna ancora ti canterà!.. 

Le canzoni della radio eran satelliti che gli orbitavano nella testa, anzi un po' dentro e un po' fuori, così da confondergli il vero con la fantasia.

Papà, pappare i papaveri, come si fa?"
"Non puoi tu pappare i papaveri" disse Papà.
E aggiunse poi, beccando l'insalata:
“Che cosa ci vuoi far, così e' la vita..."
Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti,
e tu sei piccolina, e tu sei piccolina,
lo sai che i papaveri son alti, alti, alti,
sei nata paperina, che cosa ci vuoi far...

Ma con l'ultima scodella di vino prorompeva ogni notte dal petto villoso di Veraldo, un vero mantice patriottico, un canto che a suo vedere meritava d'essere diffuso dal balcone:

Pompa qua, pompa là, pompa su e pompa giù.
Indi a scopo addestrativo, il paese hanno incendiato
e il reparto si è schierato, e ha gridato ip, ip, urrà!
Viva qua e viva là, viva su e viva giù.
Viva i pompieri di Viggiù
che quando passano i cuori infiammano!
Viva i pennacchi rossi e blu!
Viva le pompe dei pompieri di Viggiù.

mercoledì 29 dicembre 2010

Il fonografo

Era fuori di sé dalla gioia la contessina Marialma ma non lo diede a vedere al marchesino Carlumberto, tanto che resistette quasi un minuto prima di sospirargli un “Sìii!...”.
Quell'invito favoleggiato da mesi con le amiche al ricamo, un dejeuneur sur l'herbe col suo preferito, lui, i cui baffetti radi le solleticavano i polpastrelli nei suoi sogni ad occhi aperti. E il marchesino la ricevette, solo, nel parco della sua villa e l'accompagnò reggendole la manina guantata fino all'ombra di una quercia secolare. La grande tovaglia di lino galleggiava sull'erba. Bicchieri in cristallo, piatti in porcellana, posate d'argento, ben disposti dal maggiordomo, ma su tutto dominava il fonografo portatile il cui pick-up trasmetteva un Can Can che rallentava di ritmo scaricandosi la molla che il Marchesino, la mano destra sulla manovella, stregato dagli occhi di Marialma, non caricava più, mentre accelerava il battito del cuore della giovinetta fino a che smarrì il respiro quando l'audace ospite insinuò la sua mano sinistra a carezzarle la natura...